venerdì 31 ottobre 2014

Mi hanno fatto presidente del consiglio!

Ragazzi che spavento! Questa notte ho fatto un incubo! Ho sognato che mi proclamavano a furor di popolo nientemeno che... Presidente del Consiglio! Mi trovavo in pubblica piazza tra gli applausi generali. Una confusione mi ha pervasa. Non potevo ritirarmi ed ho finto una commozione smisurata. Intanto prendevo tempo mentre pensavo che l'unica soluzione era espatriare. Erema in terra straniera volevo stare. Ho pensato ai miei predecessori Andreotti, Craxi, Berlusconi e mi è venuto subito un lume di ragione: ora si accorgono che ho svariati soldoni e mi fanno grandi processi per rubarmi perfino i pantaloni! Prenderò le colpe di tutto e non riuscirò a governare! Tempi duri mi attendono ormai  pensavo e un pochino tremavo. La folla ha creduto che avessi inventato un ballo e tutti mi hanno imitato. Il rap della fifa ho inventato. Comunque sono stata già fortunata potevano farmi duce o statista e sarebbe finita peggio! Chissà quale destino per me avevano in serbo. Morte per veleno sotto un ciel straniero o appesa a testa in giù in piazzale Loreto. Ad un certo punto mi sono armata di coraggio, ho aspettato il mio momento e sono salita sul primo aereo. Che bellezza dicevo io con contentezza mentre la gente mi additava per tradimento. Fuori dai giochi mi sono rilassata e ad una hostess carina ho chiesto dove si andava. Mi ha sorriso a 32 denti e mi ha detto: "in Perù naturalmente!" Meno male ho detto io e dopo aver bevuto un the aromatizzato, mi sono rilassata. Non mi sono accorta che vicino a una piramide mi sono trovata. Noi i capi di alto coraggio li facciamo lottare mi ha detto un sacerdote di grande levatura che ha continuato con voce calma e fissa: Siccome te sei donna e persino presidente, direttamente dalla piramide ti facciamo rotolare! Avrai una statuina col viso inciso e renderai soddisfatti sacerdoti e paesani. Accipicchia che problema! Ho capito al volo la fregatura di nuovo sorta: son finita in piena storia! Qui sotto c'è qualcosa! Sudori freddi mi han pervaso! non volevo essere un pasto! In un botto mi son svegliata. Meno male! era un incubo dietro l'altro!
                
         Vita Francesca Genna
 

Ti aspetterò all'alba

Ti aspetterò all’alba quando la città ancora dorme
e l’aria profuma di pane.
Aprirò la mia porta per lasciarmi sedurre un’ora soltanto.
Non potrai saziarti delle mie carni.
Gustale poco a poco
con dolce desiderio di avermi per sempre.
No, non credere che ad aspettarti starò una notte.
Ho da dormire il più dolce dei sogni.
Voglio desiderare il tuo viso
e le tue labbra rosse di passione.
Un guanto ti lascio pegno del mio amore
per quando te ne vai.
Ricorderai di notti infuocate
dove a bruciare erano i nostri sensi e le nostre anime.
Vita Francesca Genna

La felicità



Felicità sei un soffio che catturo e stringo dentro un pugno.  Luminosa , giocosa  brilli di fiaba.
Hai i miei occhi e la mia età. Mi regali un paio d'ali e volo.
Non sapevo di riuscire a  rimanere sospesa così in alto. Guardo giù .  La gente è troppo piccola, distante quando da poco hai compiuto vent'anni.
Tutti sono puntini lontani ed io non oso scendere. Nessuno sente i miei richiami presi a vivere le loro vite.  Dista la  terra  un cielo e un mare.
Poi, all'improvviso cosa mi prende?
"Ho paura!" Paura di cadere in picchiata senza paracadute e farmi male. Ma  Dio accende il grammofono e mi fa ascoltare la primavera di Vivaldi. Danzo ancora , vestita di bianco. Si sciolgono le mie ali sotto il caldo e il sole mentre  ascolto questa musica che mi conduce via. Mi ritrovo in ginocchio a sei anni. Mani giunte fino là in fondo, dove affondano le navi.  C'è sempre qualcuno che  chiama e ti chiede di tornare. L'acqua  bassa mi ha lasciato passare. Mi ha regalato la vita. Amore è una voce che trema ed un panino che cade.  Oppure  ti dice con l'ultimo respiro ed una forza innaturale, ti voglio troppo bene due volte per non dimenticare.
L'abbandono è la paura  che hanno le persone che amano  e non vogliono perderti. Svolazzi solo svolazzi ti chiedono se con loro balli. Ma io canto domani  ritorno. Invece non mi volto. E' frettoloso il mio passo e non ho un orizzonte diverso da quello che osservo. Non conviene amare mi dico e cammino.
Dove sono le emozioni? Questo incedere nel vivere? Gioie, paure, dolore, amore!
Ogni giorno un po' si muore nei tradimenti e nelle incertezze.
Vivere!  parola magica che ci sostiene.
Le mie ali di sempre. La felicità è coperta di vita, di speranza e di illusione.
Domani è una parola che non conosco veramente. Non la temo ma dovrei.
Domani la carne pulsa e la salute cede. Non ci sono i capelli e i pantaloni sono larghi. Domani mi nutro di speranza e forse vivo oppure muoio ma, non posso. 
Gli eroi ci sono domani e continuano a ridere, a costruire e sognare un abito bianco che ti fa volare.
Tengo strette le mie ali perché anche vincere sul male è felicità da conquistare.
Tristezza è rimanere se tutti se ne vanno e a danzare ci sei tu soltanto.
Preghiere rivolgo lontano una stella. Amore è un bacio che non tradisce e si da piano.
Poi quando tutto un senso lo perde la forza di esserci è prepotente.
Rabbia ti urlo a pieni polmoni. Con la stessa forza dei vent'anni  e la stanchezza dei quaranta.
Adesso chi canta?
Accosto l'orecchio e vedo svolazzi di fanciulla ed un volteggio che mi pare affascinare .
Rido di me di come sono capace di creare. Le mie parole si sono librate e  compongono fiabe. Storie conosciute forse ma sempre amate. Che fate?
Sono magiche fra le mie mani e mi regalano un nuovo valzer.  Il salone è molto grande e loro come me amano danzare.
 
 

Piccolo fiore di campo

Grembiule bianco
copre del prato un manto e
un piccolo fiore di campo.

L'avrei raccolto e a te donato.
Azzurro d'occhi è il suo color
ma s'è piegato.

Piccoli cuori i suoi petali
verde acceso il piccolo gambo,
soffre infelice e muore d'un fiato.

Il sole non vede l'altrui reato
la mano dell'uomo non l'ha coltivato.

Cresce spontaneo il fiore di campo.
Cerca un po' d'acqua e di luce soltanto.

Avrei voluto donargli una vita
invece è spirato dopo un mattino infinito.

Vita Francesca  Genna
 
Emozioni in versi. La raccolta di poesie che ridona speranza all'uomo.
 
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da PensieriParole

martedì 28 ottobre 2014

La legge è uguale per tutti

Dopo il colloquio avuto ieri con un illustre avvocato, nonché direttore delle risorse umane che, ha il solo difetto di avere gli occhi celesti e ti può distrarre; mi sono confusa le idee circa questa frase. Adesso non so se imputare l'increscioso incidente al suo sguardo  oppure, al fatto che nella mia vita personale ho avuto due versioni ben distinte relative al suo contenuto. L'avvocato azzecca garbugli così l'ho nominato di nascosto, in privata sede: guai se venisse a sapere di tale titolo! Credo che mi darebbe gli articoli dal numero uno al numero 20 e sarei rovinata! Pensando questo non esagero certo! Perché il significato di questi articoli non li conosce nessuno! Si vocifera che appartengano ad un tal signore, ministro di chissà chi; comunque di cose pubbliche per intenderci. Stratagemma per far sì che nessuno si senta costretto a spiegarne i contenuti e tu, poverino, ti ritrovi in un mare di guai senza capire il perché e il per come. Comunque torno a me e alla succitata frase che mi ha dato non pochi grattacapi, perché nella mia semplicità sono andata fuori tema ma, solo per far capire il gravissimo caso in cui mi sono maldestramente imbattuta. Sono andata nell'ufficio di questo luminare di cose di legge è gli ho chiesto delucidazioni in merito: non l'avessi mai fatto! Apriti cielo! Che ho combinato mai? Ancora non l'ho compreso! Comunque, sono riuscita ad estorcergli la verità. La legge è uguale per tutti vuol dire che a noi altri dipendenti, non ci tocca far altro che ubbidire. I capi, quelli su per intenderci, gli amministratori per l'appunto; sono i proprietari di tutte le leggi. Loro le fanno e poi le disfano a piacimento e a noi, semplici cittadini, ci conviene farci i fatti nostri perché come facciamo a stare al passo con i tempi se le cambiano a distanza di ore o forse minuti? Un guaio immane! Io, che sono curiosa e cerco sempre di sapere; mi ritrovo in grossissimi guai funesti! Forse domani mi tocca dormire sotto i ponti e sono preoccupata per i prossimi pranzi. Sento già i morsi della fame per la paura. Chissà se mi viene una malattia nel frattempo o povera me non e che mi viene il panico? Comunque faccio un gran respiro! Mi ha detto che rischio ma sono in prova per due settimane e poi mi sposta ma devo comunque fare attenzione perciò, ho la libertà di campare per tutto questo tempo. Forse di tutti questi guai la colpa è proprio mia perché non ho valutato bene il complemento di specificazione per tutti. Sicuramente c'era un altro pezzo ed è stato tagliato per fare un riassunto. Accipicchia me lo sono perso! Oppure c'erano tre puntini di sospensione ed io non lo so? Guarda, sono sempre stata debole con la punteggiatura! Forse che i direttori hanno inventato i tre punti perché poi, all'occorrenza ci aggiungono quello che vogliono e noi poveretti rimaniamo fregati perché non sappiamo stare al passo con i tempi e non sappiamo dove sono quei registri dove si appuntano tutto! Come è difficile tenersi aggiornato. Come mi sento ignorante in taluni frangenti, considerando il fatto poi che tempo or sono, mi capitò di sentire proprio la spiegazione di tale frase. Mi sembrava di aver capito che la legge era stata inventata per noi altri e, perciò era per tutti. Che asino sono! Credo che mi convenga ritornare sui banchi di scuola, prima o poi decido e ci ritorno.
da PensieriParole

lunedì 27 ottobre 2014

 
Non oso guardarmi dentro. Il dolore mi spaventa. Non ci sono belle giornate in un una vita dove il mio cuore è un sole coperto da nubi. Respiro a pieni polmoni il loro odore.
La tempesta e l'uragano sono la mia realtà. Il vento mi vuole spazzare via per dirigermi dentro un tornado. Ho paura. Freddo. Fame. Vorrei lui ma non c'è. Mi ha lasciato sola vicino ai mulini a vento a giocare con gli aquiloni che sono scappati via. Non so oggi perché esisto. Lotto per non morire. per chi crede che ho una ragione per esserci. Ho le scarpe consumate ai piedi. Corrose dal tempo degli affanni. Abiti lisi che si consumano per il troppo vivere . L''acqua gelida il mio ristoro per le fatiche del giorno. Non conosco più le comodità di un tempo. Il mio destino altri lo hanno scritto per me.
Ipocrisia. Slealtà. Furto della vita.  Oggi li conosco e sorrido comunque alle avversità.
Poi, è fuoco! Il caldo intenso delle fiamme che mi attraversano. Lingue che mi riscaldano e non mi permettono di cedere. Non sono sola dentro gli occhi innocenti che mi reclamano.
Mi dono all'infinito e divido i pani creando lo specchio di ciò che è stato. Una bugia d'amore.
La sofferenza non può albergare qui. Non oggi. Raccogliamo tutti e tre il fuoco che dirompe e ci copriamo della sua forza. Resistere. Combattere. Esserci in questa terra che ci maledice e non ci abbraccia. Cammino in modo estenuante. Soldato di trincea sparo i miei colpi  e prego  Dio.
Alla fine è lui che dirige il gioco e mi sorride dall'alto. Mi conosce e mi fa l'occhietto.
Balla ancora mi urla ridendo. Un passo di valzer come solo tu sei capace.
L'orchestra non la sento. "Dimmi come ti prego!" Silenzio.  A portarmi la musica è il vento.
Leggera brezza che mi accarezza e fruscia le foglie per poi gonfiarsi e agitarle. Poi le dita si alternano
sul pianoforte e le note ancora le vivo. Serenità ti ritrovo in un canto. Nell'abbaiare e nel frusciare di fogliame. In questo sole che mi assola e in qualcosa che è più grande di me e del mio sentire.
Non abbandonarmi mai gli dico mentre mi riempie di luce. "Sei la mia forza di sempre. La mia verità nascosta nel tempo. Grazie per ..."  Sorrido io adesso! Dovrei fare un lungo elenco perciò non penso.
E' il mio vero amore, assoluto e sincero. Danza ti prego mi pare di sentire di nuovo dal vento.
I pensieri e gli affanni svaniscono per incanto. Mi sento viva. Decisa e piena di una gioia che mi vince e mi fa chiudere gli occhi per meglio sentire i violini. La musica è un dono oggi che non piango ma sento il battito della terra uguale al mio incedere. Passi di vita vera che sfiorisce per il tempo.
Ho male dentro.  Qui nel mio grembo materno. Non lo sento più. fa lo stesso. Sto arrivando gli dico e sorrido. Poi canto l'esistenza che possiedo e mi conquista. Provo a fargli anche io l'occhietto. Non ci riesco. E' odore di nuvole che respiro in questo momento.

 

sabato 25 ottobre 2014

in confidenza - diario segreto: Verità

in confidenza - diario segreto: Verità: La verità è dentro i tuoi occhi in quello sguardo che abbassando la testa nascondi. Consolante bugia che si confonde in un abbraccio mi pro...

Verità

La verità è dentro i tuoi occhi
in quello sguardo che abbassando la testa nascondi.
Consolante bugia che si confonde in un abbraccio
mi protegge dai fantasmi della vita.
Non potrai farlo a lungo.
A tradirti sarà il tempo.
La verità è scritta nel destino.
Non siamo nati per stare qui per sempre
dovrai armarti di coraggio per dirmi addio.

venerdì 24 ottobre 2014

Diamo i numeri : Lo zero in matematica e nella vita.

Una cosa che mi piace fare è  leggere i numeri come  parole.

Mi sono soffermata a pensare allo zero. Al suo significato.

Parecchi insegnanti fanno iniziare  la tabella dei numeri partendo dallo zero ed io mi chiedo è giusto?
Se uno più uno fa due perché  zero più zero non fa uno?

Per noi zero vuol dire il niente perciò se utilizziamo questo significato  e  sommiamo il contenuto di due tasche vuote abbiamo come risultato il nulla.

Se fossi insegnante per spiegare la matematica ai bimbi direi:
Ragazzi esiste il niente ed il tutto. Se il niente  lo indichiamo con lo zero esso  lo mettiamo in una
riga da solo perché  inserirlo prima nella scala dei numeri da uno a dieci è un errore matematico.
 Dalla somma  di niente non nasce l'unità.


Se prendiamo lo zero e lo scriviamo prima dell'uno ammettiamo che il nulla non esiste e lo zero rappresenta simbolicamente l'infinito e il suo numero è 0,9999999999999999999 all'infinito e la sua somma sarà data da un 1 più un numero decimale  portato all'infinito che rappresenta un'altra quantità.

Pensiamo al bianco e al nero  per capire  zero e uno:

Il bianco racchiude in se tutti i colori , il nero è  l'assenza.  Io li rappresenterei  con i numeri binari
bianco uno,  nero zero.


Consideriamo  lo zero vicino al numero uno. Il suo valore è dopo la virgola ed è il numero nove all'infinito . Il nove è la fede, il credo. L'uno è l'uomo e allora lo zero che dopo la virgola abbiamo visto contenere l'infinito matematico cosa è?
La creazione. 

Dio ha creato lo spazio (O) e poi l'uomo(1) poi la donna e li ha fatti unire (2) sotto  l'esempio della  trinità (3)gli ha permesso di fare famiglia(4) e ha destinato loro la mortalità (5).  Ha stabilito che essi vivessero secondo leggi e principi(6) Tutto ha una sua evoluzione (7) nasce e muore all'infinito (8) in una vita fatta di lavoro e impegno ma anche di fede(9).

A questo punto i numeri tornano a rifare il giro ma la vita avanza e l'uomo cresce e ha la proprietà allora all'uno gli aggiungiamo lo zero perché egli  ha i soldi e una casa  casa(10).  Nascono le amicizie (11) La vita è all'apice e il successo  può portarci ad avere più zeri !100000 quanti zeri possiamo ottenere?
Sicuramente ci siamo creati il nostro spazio nella società e apparteniamo  ad un gruppo di persone (12) che ci può sacrificare come l'agnello pasquale ( 13 ). Possiamo decidere di aggiungere un componente alla famiglia o che ci lasci per sua volontà (14) La natura è imprevedibile ed ha disposto
che non per forza dobbiamo essere dello stesso sesso che dimostriamo di essere e ci dicono gay (15) . Ci possiamo ammalare di depressione oppure avere un semplice abbattimento morale (16) ma possiamo essere condannati e giudicati per le nostre colpe (17)  e così via.

Allora se io dichiaro che lo zero è la creazione. l'uno non è più un numero definito ma decimale ed ammetto che nel mondo non vive solo la mia specie ma altri esseri animali ,vegetali e la materia .
 Da qui si deduce che prendo in considerazione l'uomo e non i suoi decimali e non calcolo la natura e la composizione delle cose .
Altrimenti dovrei ammettere la tesi che due più due in verità non fa quattro.  Infatti dopo la virgola continuano ad esserci i numeri più piccoli .
Così  deduco, come la retta e le caramelle , l'albero , ogni cosa è unica ma soggetta a trasformazione ed è composta da più elementi non considerati per comodità. (meccanicismo cosmico di cui anche l'uomo è soggetto).

Da questo deduco che se non voglio considerare lo zero creazione, devo sbarrarlo per indicare l'assenza di Dio e dell'umanità e deve essere scritto sempre con una distanza dagli altri numeri.


Vita Francesca Genna






giovedì 23 ottobre 2014

Dio di ogni uomo




Non potrai calcare le orme mie
quando vaghi per lo stesso sentiero.
L'acqua e il vento han nascosto i miei passi.

Annusa l'aria fresca del mattino
quando i fiori si aprono al calore di un raggio di sole.
Il loro profumo di me racconta.

La mia voce è il frinire dei grilli che la sera echeggia per la montagna.
Se mi rimpiangi è perché mi hai trovato in un rosso tramonto.
Sono il sole che muore e sparisce dietro un monte.
Addormentati a notte fonda in un caldo abbraccio di Morfeo
cullato nell'oblio del silenzio, ti parrà di sentire un dolce suono.
Non son io ma l'eco che nell'infinito spazio tempo, ti culla
facendoti credere che ancora esisto.

Lasciati avvolgere dal desiderio di perdermi, di non cercarmi,
per ritrovarmi all'alba quando il cielo è rosa e il mattino ti incanta.


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Emozioni in versi. La raccolta di poesie che ridona speranza all'uomo
Vita Francesca Genna    italia ebook.it

Ispirazione

Soave e gentil donzella
dolce musa, fra le fate la più bella!
Accarezzi con gli occhi tuoi leggiadri
l'anima mia per farne arte e magia.

Dio creò il cielo e tutto lo firmamento
io con te ogn'or invento.
Ti amo musa bella perché candida e,
conoscer non hai passione mia.

Comprender non poi cosa mi rappresenti e
ti soffermi a sorridermi dolcemente!
Sonetti e versi per te compongo
e in paradiso ti ripongo.

Tal Alighieri cosi dicesti a Beatrice
Madonna di Firenze
senza curarti di decantar beltà
d'ogni giovinetta.

Non conoscesti le grazie di Silvia.
Musa di Giacomo il poeta.
Né di Lesbia per cui
tal Catullo provò passione inquieta.

Solitario fu il suo passero in un sabato
di villaggio mentre
di Catullo fu delizia di fanciulla
compagnia nella malinconia.

Non conoscesti altri vaghi se no mirar chi per te
scese con sua grazia dove a tutti piace andare.
Tre donne in questo mondo sembran pari,
ma qual ti sembra meritar l'alloro?

Anch'io dal canto mio ad una musa
ispirarmi provo:
Non è l'amato mio!
Ma tutto ciò che ha creato Dio.

Da grazia e da beltade mi lascio affascinare
da occhi che intrigano, virtude e portamento
o da melanconia per un passero che
di sabato ho visto volar via.
 
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mercoledì 22 ottobre 2014

Destino



Solchi di pensieri ritmano la mia tastiera.
Un suono si crea al contatto.
 Come un cuore si sente battere.
Universo di parole che volteggiano per noi.
 Amami per questo e lasciati incantare.
 Sorridi davanti al mio continuo balenare di storie e versi.
 Un bacio si schiude come fosse un fiore che sboccia e si apre a questo giorno.
 Io ti racconto.
 Canto passione di due che si accarezzano il cuore.
 Sicuramente è amore.
 Bianca lei porta le vesti e ama di un amore grande che legge nei tuoi occhi.
 Voltiamo pagina uomo e non sorridere dai!
 Un altro bacio ad occhi chiusi e poi? Il sogno!
 Immagini straordinarie,  i monti e le strade percorse mano nella mano.
 Voi due che andate senza meta piano piano.
 Fantasia di spingersi ancora più lontano.
 Non baciarmi più amore caro.
 Teniamoci stretti in un caldo abbraccio.
 Cuori si specchiano fra lenzuola profumate di sentimento.
 Gioia traspare e nasce dentro noi.
 Sì ci sono anch'io furtiva perché il gioco dirigo.
Adesso scrivo bimbo e il resto è poesia.
 La vita tua e la mia.
 Non ci credere ma non mi sento di raccontare del tempo che scorre e
 della pioggia che fluisce come fiume nelle strade.
 Di fanciulli che schiacciano i nasi nelle finestre illuminate.
 Dei continui giorni che trascorrono in attesa dei sabati.
Dell'odore di cibo di cucine vecchie di anni e di te che torni e ti accorgi che tuo figlio è diventato grande.
 Non stancarti padre.
Ancora una volta abbi il coraggio di affrontarmi.
 Sfoglia le ultime pagine.
 L'avventura continua lo sai?
 Uomo padre di uomo guarda là in fondo. No, la culla più sotto.
 Sei diventato nonno!










Perché hai scritto questi libri?   


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C’è qualcosa dentro di me che mi dice scrivi ed io eseguo. Si chiama vocazione. L’ho sempre avuta e penso che il mio esprimermi sulla carta mi ha salvata dal dolore per la perdita dell’unico amore della mia vita, mio marito Pietro a cui dedico ogni mio scritto.
Ho riportato sul pc le mie emozioni soffrendo, gioendo e sentendomi fiera di essere italiana. Mostro con i miei versi la mia natura solidale con chi ha perso il lavoro o lotta per la nuova primavera del paese che ci vedrà rinascere in ogni settore oltre a quello economico.
 
 
 

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Perché hai scritto questi libri?


C’è qualcosa dentro di me che mi dice scrivi ed io eseguo. Si chiama vocazione. L’ho sempre avuta e penso che il mio esprimermi sulla carta mi ha salvata dal dolore per la perdita dell’unico amore della mia vita, mio marito Pietro a cui dedico ogni mio scritto.
Ho riportato sul pc le mie emozioni soffrendo, gioendo e sentendomi fiera di essere italiana. Mostro con i miei versi la mia natura solidale con chi ha perso il lavoro o lotta per la nuova primavera del paese che ci vedrà rinascere in ogni settore oltre a quello economico.
 
 
 













Amore grande

Scorre il tempo e conta i passi
rugose le mani tremolanti
palmi stanchi che han raccolto i miei affanni.

Nessun rintocco il tuo tempo.
Mani che non tremano, fredde come ghiacci.
Mani che si cercano ma ormai son distanti.

Eterni i nostri momenti
più veloci dei tormenti.

Amori grandi, infiniti, ancora vivi!

Amor che tanto amo.
angelo mio che sei lontano.
 
da PensieriParole

LUNA E STELLA

Contemplo spesso la luna e la stella. Fra tutte l'ho scelta perché come me, vive a nord. A volte mi sento piccola come la stella e troppo distante dalla luna. Per me la luna è Dio, un desiderio, i miei sogni e tutte le mie aspettative. Anche io e mio marito siamo stati luna e stella. Lui così luminoso ed io che brillavo di luce mia ma, godevo della sua presenza. Mi manca un po' la sua compagnia. Se ne andato a novembre quando la natura sembrava rifiutare la vita. In un giorno dove anche gli alberi erano più nudi che mai e le foglie da terra erano state raccolte. Tutto era così spoglio quel giorno, che penso, che anche il sole d'inverno si era lasciato coprire dalla nebbia fitta per lasciarci soli. Era proprio inverno il 7 novembre. Mi sono scaldata in quella giornata gelida con le ultime sue parole. "Ti voglio troppo bene Francesca" ripetuto due volte con le ultime forze che aveva. Egli non smetterà mai di essere la mia luna ed io mi sento sempre così piccola stella se ci penso.

NELLA POESIA, LA FORZA PREPOTENTE DELLA PAROLA EGUAGLIA LO STATO D'ANIMO DEL POETA .
L'Emozione è frutto dell'accostamento dei suoni .  Il nostro pensiero orchestra tutto e dispone le parole facendole diventare musica di vita e di natura. I versi riempiono il cuore dell'uomo con le sue verità regalandogli la libertà di esprimersi con estro e maestria.
Vita Francesca Genna
italia ebook.it

martedì 21 ottobre 2014

Ombre tombali scorrono da tetri anfratti

Ombre tombali scorrono da tetri anfratti.
Furtive scivolano e si annidano dove l’oscurità assoluta regna.
Sss. Taci! sospetta è la nostra presenza!
Solo topo di grigio striato può correre e squittire beato.
Qui dove la terra sprofonda, le porose zolle son calde e coprono il fuoco.
Viscere accese ardono eterne
Un altro sole fa nascere il fiore ed ogni bene.
Di frutti mi pascio ma di sotto ho altro.
Radici trovano un fiume dove bevono insetti, vermi e muffette.
Quiete raggela.
Cuoce la carne, l’ ossa si secca e terra diventa.
Polvere, soltanto polvere la vita mi chiama.
Scampate la mia notte per oggi Signore.
M’addentro sicura con timore nel cuore
forse destino mio non vuole comprendere
cose a lungo evitate e l’inganno
di vivere quanto un giorno del fato.
Serpente mi striscia e mi strangola il braccio.
Non è velenoso ma sì pauroso.
Fuggire non oso e non provo rimorso se l’addento di netto
e rompo il suo petto.
Se muore il tiranno d’arguzia mi pascio e prendo la corsa
per l’altra volta.
Tre sono i giri e al quarto mi siedo
nel quinto non oso camminar desto e fiero.
La morte è l’inganno di tutta la sorte.
Di cose che nascono e poi se ne vanno.
Fuggire è diverso da dire …
Spavento mi prende e cado su veniali apparenze .
Cos’è tutto questo?
Un bozzolo che schiude ali argentate con polvere bianca
che cade poi rallenta le ali.
E’ la vita?
Per lei l’uomo è eterno.
Riposa e ritorna un giorno per cento in un tempo infinito.
Allora sorrido.
Mariposa non sono io il tuo Dio.
Mortale io nacqui e lentezza di massa mi diede cent’anni.
Mille di cento io cosa vedo?
Amate redenti e gioite per ora
perché il sole che alto si leva
si oscura la sera.
Male, bene, essere e andare
oltre l’azzurro oceanico tempo vile è l’inganno.
Non posso portare il mio fagotto e
l’affetto di chi cammina al mio fianco o poco più indietro.
Lungo è il viaggio alla mia età subisco l’affanno.
Pesante è la schiena e non riconosco la luna la sera.
Stanco è smunto dimentico tutto.

VENTO

L’alitar del vento fra frasche e fronde sinuoso aleggia e mi par che esso nasconda un ombra d’ anima dolcemente accarezzata.
Racchiuse ha le zampe e aspetta una madre .
Vellutato è il pelo e dolci i suoi occhi.
Il vento con destrezza di movenza lo adombra e lo protegge da curiosi .
Sicuramente è cervo mi dico allungando il collo poi desisto e il fruscio lento e rumoroso ascolto….
E’ il vento questa dolce brezza che mi scompiglia i lunghi capelli e li sventola come fossero bandiera.
Chiudo gli occhi per immaginarmi altrove dove ho udito questo suono.
Esso Mi ricorda il fragore dell’onde e l’animo mio in tumulto.
Sbattono i cavallucci sugli scogli mentre il fogliame continua il suo agitar .
Ovunque vado l’ascolto .
Mi sento in pace se apro gli occhi e a lungo osservo l’immobilità dell’acqua o la fissità dei monti.
E’ solo il mio cuore che si muove. Null’altro.
E’ pace allor e quiete d’animo.
Serenità ricevuta nello spirito che diventa vento di natura e non più soffre e si ferma come tutto il creato.
Che importa donde andiamo? Sempre in noi restiamo. Non possiamo allontanarci dal nostro io ma ascoltarlo raccontar di essere parte di questo cosmo piccolo mondo che racchiude l’emozione di essere vita.
E’ questo che vedo, odo e sento! Io porto in seno l’agitar di fronde che a ritmo si flemmano o il fragore di frasche che turbinose muovono pensieri.
Sono il semplice alitar di un dolce venticello o il silenzio che incombe in un orizzonte muto e incantevole.
Anche su di me cade il giorno e volgo al tramonto senza che alcun scorga il mio conscio.
Chi sono mi vien da chiedermi al volgersi del tempo e non mi rispondo. Allargo le mie braccia e colpita dal vento nella mia immobilità sono anche io acqua, monte e alberi irraggiata dal sole.
Figlia di natura ascolto la mia pace.

Mi confido ...





Cuore mi sei compagno in questa vita.
Sei il mio ritmo. La mia resistenza.
Conosci tutte le mie emozioni e se esagero muori.
Da te dipende il mio esistere. La
mia vitalità.
Non mi lasciare  mai.
Voglio prendermi cura di te per me.
 

 
 

lunedì 20 ottobre 2014

Carissima Maria






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8. La lettera di Flavia 

Carissima Maria,

non pensavo che avrei mai scritto nella tua rubrica. Ti leggo spesso e mi piacerebbe conoscere il tuo punto di vista sulla mia storia.
Ti sembrerà strano perché ho quasi settant’anni, ma voglio farti conoscere la mia esperienza di vita. Ho perso mio marito anni fa e mai più mi sarei immaginata di incontrare un’altra persona speciale, data la mia veneranda età e la mia educazione.
Con lui non conosco più la solitudine. L’ho dimenticata. Spesso facciamo delle scampagnate fuori porta e condividiamo tante cose. Mi ha portato in barca sul lago di Como. Abbiamo una piccola casetta in montagna dove trascorriamo bellissimi momenti.
Insieme siamo andati in tante città con le gite organizzate dalla sua parrocchia e abbiamo conosciuto molta gente che ci mostra affetto.
Devo proprio dirlo: mi sono innamorata e sogno che un giorno mi chieda in sposa, anche se so che non lo farà mai.
Mi sento come una ragazzina! Lui mi tratta come una fidanzatina ed è bello abbracciarci e stare insieme.
Sento di vivere una seconda primavera e mi sto godendo appieno tutto questo.
A volte mi capita di pensare a mio marito e mi prende un leggero rimorso per la mia serenità ritrovata.
È passato tanto tempo da quando se ne andato a "miglior vita" e
il mio nuovo amore è una persona con un buon carattere. Egli mi ha cambiato l’esistenza. Pensavo di invecchiare da sola invece non sarà così.
Vorrei fermare il tempo. Ho solo paura che un giorno possa finire. Non sono più abituata a tanta felicità. Dammi un consiglio, per favore.
Grazie.
Flavia Invernizzi
 

http://youtu.be/rRbyZ3eD-9M






L'odore di nuvole  è nel  mio peregrinare per questa via.
Odore di aria ....
                                                           di vita  burrascosa o   felicità di esistere
                                                   

domenica 19 ottobre 2014

MI SVEGLIO E TI VEDO LI'


ODORE DI NUVOLE





Rosa rossa colore della passione, vellutata come la pelle. La sento mentre la insapono. Profuma di pulito, di fiori di primavera dai pistilli ricolmi di nettare. Sono miele dalla carne tiepida e bianca e i miei occhi il prato che spazia nella vallata. Il mio cuore è lo scalpitio dei passi nel marmo o un cavallo in corsa verso la vita. Noi, due stalloni arabi che non vogliono morire. Che lottano per conquistare un pezzo di se stessi all'interno della società. Dove sei oggi amore? Quale stanza segreta occupi  a cui io non ho libero accesso? Non posso saperlo e non me lo chiedo più mentre pettino i miei lunghi capelli corvini a te ormai estranei. I miei capezzoli rimangono scoperti tra la schiuma di sapone al centro di seni sodi, giovani, voluttuosi che richiamano il piacere che tu tanto ricerchi nel corpo di altre. In quella vita futura che non ci appartiene e non è nostra. Non saprai mai cosa vuol dire amarci e godo fra le braccia di un uomo. È così che ho conosciuto la mia anima. Avvolta nel desiderio di un altro. Altri occhi. Altri baci. Uguale passione. Amore. Incontro di anime sincere e pure che hanno danzato la vita. Nascondo tutto qui, dove nessuno può rubare ed infangare il mio sentire. In questa stanza segreta dove non è mai stato neanche il nuovo lui che oggi può avere libero accesso ma non ha voglia di entrare. Allora a volteggiare ci siamo io e le parole. Segreti inconfessabili che posso dichiarare: Le mie lusinghe d'amor profano per un uomo sposato. Un numero segreto per parlare di noi. Notti dove la carne arrostisce e a respirare è quell'alito di vita che rubiamo al mondo. Domani. Sì, fuggiremo per poi ritornare nella nostra ipocrisia. Mani bianche, vellutate. Distinte. Petali di rosa rossa. Passione e adulterio. No mia moglie non è più la stessa. L'amore è con te. Ti amo.  Bugia o dolce inganno. Ti telefono domani. Ciao come stai? Un bacio profondo lingue che si cercano e non è il tuo bacio. Quello dei primi giorni  quando era primavera e le rose erano boccioli senza profumo. Nessun petalo hai raccolto ne accarezzato. Non ci abbiamo creduto. La vita, cos'è la vita? Forse un valzer. Una dolce melodia che ci attraversa e ci spinge ad andare oltre. A volteggiare tra fiumi di parole alla ricerca di noi. La vita è la musica che sento. Il rumore del pianto e del mio riso. La tua porta che sbatte e mi lascia fuori da tutto il passato. È il silenzio e l'alba davanti ad un mare lontano, dove a capirsi ci sono due che si danno la mano.  Lo amo.
 CAPITOLO II
Uno, due, uno, due , eh! eh! eh! Dondolo i piedini seduta in una sedia troppo alta dentro una stanza d'ospedale. Il corpo voltato del medico non mi fa vedere nulla ed io continuo il mio gioco. Voglio capire la distanza tra il pavimento e i miei piccoli piedi. Poi gli occhi fissi di mio padre che mi fanno l'occhietto ed io gli rido e poi mi fermo. Un ciuffo nero brizzolato in un corpo robusto di cinquantenne dentro un camice bianco. Ad un tratto, il nulla. Mi risveglio dopo ore uscendo dall'auto che mi ha riportato a casa. Cosa è successo chiedo con gli occhi stropicciati dal sonno, ricordando la grande siringa vicino alla pancia di mamma. Mia madre mi prende per mano e mi dice:  " Sono andata a fare tuo fratello."  "Ninna nanna mamma c'è qualcuno che..." canta la ninna nanna anche mia madre in quella camera con le luci soffuse. Sole, dormiamo insieme abbracciandoci. Sento il suo calore. Scopro che gli voglio bene. È freddo il mio cuore. Oggi piange ed è inconsolabile. Il vuoto mi assale e sono disperata. Non tornerà più e lo amo. La mia anima è lassù. Chissà dove. In un'altra stanza segreta a cui non ho accesso. Perché? Non serve piangere e pregare ma urlo la mia disperazione. Il freddo umido che scende mi raggela le ossa. Devo fuggire da qui. Non mi piace più questo valzer. Non voglio ballare senza cavaliere e batto i pugni sulla porta. Voglio uscire! grido disperata invece rimango ma non cedo. Alla fine mi arrendo. Scivolo piano per terra e mi addormento. Un due tre, stella! Beccata! Tocca a te. Un'altra volta dai! Un due tre, stella! dopo rubo la merenda. Non la mangio io ma la divido per tre. Io mi nutro di fiori. Succhio i pistilli e gusto il dolce nettare come una piccola ape. Raccolgo i trifogli da terra e li trovo gustosi. Poi, ammiro il sole, il mare e i cavallucci che mi sbattono a riva mi divertono troppo. Onde come cavalli mi scaraventano in campagna in groppa ad un cavallo da corsa, Balzac.

Il suo manto è scuro e ha una zampa con una piccola ferita. Lo cavalco fino a sera. Senza sella. Vado per la campagna e ricevo una rosa. Piccolo fiore dove vai mi chiede lo stalliere. Perché vai in giro per il mondo? Se ti fermassi un momento scopriresti che qualcuno ti vuole bene. Sono io il piccolo fiore e cerco un giardino dove piantarmi. In altra terra. Lontano da qui. Dove vive lui. L'amore della mia vita. Non so perché c'è quel filo sottile che ci lega. Quel qualcosa che non ci permette di dire basta da oggi. Forse è colpa dei suoi difetti che ho imparato a sopportare o per l'abitudine di svegliarmi la mattina, cosciente che lui è lì, per me. Si trova in quell'angolo di cuore e non vuole andare via. Cosa è per me tutto questo? Poesia? Magia? Follia? Perché lo sento dentro e mi riempie l'esistenza dopo averla travolta? Uno così non può andare via. È per sempre. Ti ruba gli attimi più belli e se ne appropria. Ti appartiene ma lo lasceresti andare in giro per il mondo perché sai che il suo mondo è a casa. Nel tuo letto. Dentro i tuoi occhi. Nel suo furbo sorriso. In una parola: Amore. Sputo per terra. Ho schifo di me. Di quanto sono caduta in basso. Il mio numero di telefono è falso. No, non posso vederti domani. Non provo niente ed è difficile essere bugiardi con il proprio sé. Torno sui miei passi. Cercherò un'altra storia domani. Sì, sicuramente incontrerò chi saprà comprendere il pieno che mi riempie. Quel mio sentire la vita dentro. Questo mio vivere facendo finta di sopravvivere. Sì, voglio un'opportunità. Un tempo dentro il mio tempo. L'attimo. Qualcosa che spacca ed è musica veloce. È fragore di onde che si schiantano sugli scogli.

Il mio sentire mi rivoluziona. E' la nuova musica di ora. Non volteggio più  ma ballo al ritmo di un boato. Vita. Destino di libertà. La stanza ora è assolata. Non vedo più i suoi muri e corro. Voglio correre veloce ma inciampo. Ho la caviglia che duole e sto per terra. Guardo le parole arrivare  come farfalle e accarezzarmi. Le catturo per farle mie. Poesie è questo che creo. Libertà è anche appropriarsi di questa musica che sento. Versi e un figlio. Onda di gioia che mi riempie. Vita dentro la vita. Noi tre. Il suo cuore batte e gli catturo un piedino che si intravede nella mia pancia. È felicità la sua nascita. Il sapore della famiglia adesso lo gusto. Non è nato con un una siringa vicino al grembo materno. Il suo sguardo dentro di me e i nostri corpi si sono avvicinati con poesia, dolcezza, desiderio. Oggi no ho detto piano, potrei avere... Lui: sss, non dirlo, lo facciamo! Io ti amo. Poi un lungo bacio.

Si è fermata la musica ed ho finito di danzare. La porta dietro me è aperta. Ora posso uscire ma non lo faccio. Suono io la vita. Le mie corde sono crine di cavallo che il musicista sa muovere con destrezza. Mi piace questa stanza. E' la mia felicità. Ho un paio d'ali ora e volo alto. Non ricordo magia più grande di essere sposa e madre. Torna ancora il passato. Il mio cavaliere perduto si offre per un ballo. Il mio sguardo è verso la porta. Mi basta un balzo e corro verso la vita. Ora esco mi dico... Il cuore batte. L'emozione è forte. Ma, mentre corro mi blocca il passo. Non lo guardo e mi ritrovo con i tacchi ed il vestito nero con lo spacco. Vivo l'entusiasmo di ballare un tango argentino. Non guardo il cavaliere. Batto i piedi e li inserisco fra le sue gambe. Non devo guardarlo in faccia mentre volteggio lui mi trascina per la sala. Sono una ballerina sensuale e fredda. Ho dimenticato che la porta è aperta e danzo questa vita con tanta armonia. Non so quanto durerà il ballo. Il tempo non esiste in questa stanza. Sono prigioniera di ciò che sento e nel sentire mi sento viva. D'improvviso le regole si infrangono e i suoi occhi incontrano i miei. Non ci siamo resi conto che le nostre bocche si sono dischiuse per un dolce bacio. Veloce. Serpentino. Poi lo stacco del suono. Lui mi spinge lontano. Ritorno rapita dalla musica ma svanisce mentre stendo verso quell'uomo la mia mano. Un'ombra solo un ombra del passato. Non so se può essere stato amore l'averlo incontrato. Forse è solo un miraggio o un desiderio profano. Accarezzo le mie labbra e cerco di cantare seduta a terra. Sul pavimento freddo  le lacrime mi sciolgono l'abito e mi ritrovo con altri panni e senza tacchi. Ho solo una spianatoia, farina e patate. C'è un auto che mi aspetta sotto casa ma, dico al duca di non entrare. Non posso andare via. Ora sto preparando gnocchi per molti invitati.  La stanza ad un tratto perde la sua magia. Tutti e tre sono andati via. Avrei voluto trattenere per sempre mio marito ma non posso chiederlo a Dio. Volevo non morisse a novembre, fa freddo e poi si deve festeggiare Natale. Dopo le feste l'avrei sicuramente lasciato andare. Invece no. Mi scopro bugiarda! Non l'avrei salutato neanche ad aprile. Non si può morire quando la natura fiorisce. Non c'è un mese giusto per dirsi addio. Lo sa anche il mio cuore che pesa nel petto e ne porto sempre il suo peso. Non c'è peggior condanna di un valzer che si ferma all'improvviso perché il cavaliere abbandona la dama e la ama. Voglio uscire da questa stanza . La porta è lontana. Mi basta fare una corsa ma vorrei portarmi dietro le mie note. Vibrano ancora tra  le mie mani e compongono un canto celestiale. Posso ancora restare.  Ho molto da creare. Versi per tutti e prose ancestrali anche domani. Per sempre  potrei... perché le parole non mi abbandonano mai e volano alte fino a lui. Così, oso sperare.
Capitolo III
Non oso guardarmi dentro. Il dolore mi spaventa. Non ci sono belle giornate in un una vita dove il mio cuore è un sole coperto di nubi. Respiro a pieni polmoni il loro odore.
La tempesta e l’uragano sono la mia realtà. Il vento mi vuole spazzare via per dirigermi dentro un tornado. Ho paura. Freddo. Fame. Vorrei mio marito  ma non c’è. Mi ha lasciato sola vicino ai mulini a vento a giocare con gli aquiloni che sono scappati via. Non so oggi perché esisto. Lotto per non morire. per chi crede che ho una ragione per esserci. Ho le scarpe consumate ai piedi. Corrose dal tempo degli affanni. Abiti lisi che si consumano per il troppo vivere . L' acqua gelida il mio ristoro per le fatiche del giorno. Non conosco più le comodità di un tempo. Il mio destino altri lo hanno scritto per me.
Ipocrisia. Slealtà. Furto della vita.  Oggi li conosco e sorrido comunque alle avversità.
Poi, è fuoco! Il caldo intenso delle fiamme che mi attraversano. Lingue che mi riscaldano e non mi permettono di cedere. Non sono sola dentro gli occhi innocenti che mi reclamano. 
Mi dono all'infinito e divido i pani creando lo specchio di ciò che è stato. Una bugia d’amore.
La sofferenza non può albergare qui. Non oggi. Raccogliamo tutti e tre il fuoco che di rompe e ci copriamo della sua forza. Resistere. Combattere. Esserci in questa terra che ci maledice e non ci abbraccia. Cammino in modo estenuante. Soldato di trincea sparo i miei colpi  e prego  Dio.
Alla fine è lui che dirige il gioco e mi sorride dall'alto. Mi conosce e mi fa l’occhietto.
Balla ancora mi urla ridendo. Un passo di valzer come solo tu sei capace.
L’orchestra non la sento. “Dimmi come ti prego!” Silenzio.  A portarmi la musica è il vento. Leggera brezza che mi accarezza e fruscìa le foglie per poi gonfiarsi e agitarle. Poi le dita si alternano sul pianoforte e le note ancora le vivo. Serenità ti ritrovo in un canto. Nell'abbaiare e nello scuotere di fogliame. In questo sole che mi assola e in qualcosa che è più grande di me e del mio sentire.
Non abbandonarmi mai gli dico mentre mi riempie di luce. “Sei la mia forza di sempre. La mia verità nascosta nel tempo. Grazie per …”  Sorrido io adesso! Dovrei fare un lungo elenco perciò non penso.
E’ il mio vero amore assoluto e sincero. Danza ti prego mi pare di sentire di nuovo dal vento.
I pensieri e gli affanni svaniscono per incanto. Mi sento viva. Decisa e piena di una gioia che mi vince e mi fa chiudere gli occhi per meglio sentire i violini. La musica è un dono. Oggi che non piango ma sento il battito della terra uguale al mio incedere. Passi di vita vera che sfiorisce per il tempo.
Ho male dentro.  Qui nel mio grembo materno. Non lo sento più. Fa lo stesso. Sto arrivando gli dico e sorrido. Poi canto l’esistenza che possiedo e mi conquista. Provo a fargli anche io l’occhietto. Non ci riesco. E’ odore di nuvole che respiro in questo momento.


                                                                                        IV 
        Felicità sei un soffio che catturo e stringo dentro un pugno.  Luminosa , giocosa,  brilli
        di fiaba.  Hai i miei occhi e la mia età. Mi regali un paio d'ali e volo.
        Non sapevo di riuscire a  rimanere sospesa così in alto. Guardo giù. 
        La gente è troppo piccola. Molto distante quando da poco hai compiuto vent'anni.
        Tutti sono puntini lontani ed io non oso scendere. Nessuno sente i miei richiami presi a
        vivere le loro vite.  Dista la  terra  un cielo e un mare.
        Poi, all'improvviso cosa mi prende?
        "Ho paura!" Paura di cadere in picchiata senza paracadute e farmi male. Ma  Dio
        accende il grammofono e mi fa ascoltare la primavera di Vivaldi. Danzo ancora.
        Vestita di bianco. Si sciolgono le mie ali sotto il caldo e il sole mentre  ascolto questa
        musica che mi conduce via. Mi ritrovo in ginocchio a sei anni.
        Mani giunte fino là in fondo, dove affondano le navi.  C'è sempre qualcuno che  chiama e
       ti chiede di tornare. L'acqua  bassa mi ha lasciato passare. Mi ha regalato la vita.
       Amore è una voce che trema ed un panino che cade.  Oppure  ti dice con l'ultimo respiro
       ed una forza innaturale,  ti voglio troppo bene due volte, per non dimenticare.
       L'abbandono è la paura  che hanno le persone che amano  e non vogliono perderti.
       Svolazzi solo svolazzi ti chiedono se con loro balli. Ma io canto domani  ritorno.
       Invece non mi volto. E' frettoloso il mio passo e non ho un orizzonte diverso da quello
       che osservo. Non conviene amare mi dico e cammino.
       Dove sono le emozioni? Questo incedere nel vivere? Gioie, paure, dolore, amore!
       Ogni giorno un po' si muore nei tradimenti e nelle incertezze.
       Vivere!  parola magica che ci sostiene.
       Le mie ali di sempre. La felicità è coperta di vita, di speranza, di impegno e di illusione.
      Domani è una parola che non conosco veramente. Non la temo ma dovrei.
      Domani la carne pulsa e la salute cede. Non ci sono i capelli e i pantaloni sono larghi.
      Domani mi nutro di speranza . Forse vivo oppure muoio ma non posso andare. 
      Gli eroi ci sono domani e continuano a ridere, a costruire e sognare un abito bianco
      che ti fa volare.
      Tengo strette le mie ali perché anche vincere sul male è felicità da conquistare.
      Tristezza è rimanere se tutti se ne vanno e a danzare ci sei tu soltanto.
      Preghiere rivolgo lontano una stella. Amore è un bacio che non tradisce e si da piano.
      Poi quando tutto un senso lo perde, la forza di esserci è prepotente.
      Rabbia ti urlo a pieni polmoni! Con la resistenza  dei vent'anni  e la stanchezza
      dei quaranta.
      Adesso chi canta?
      Accosto l'orecchio e vedo svolazzi di fanciulla ed un volteggio che mi pare affascinare .
      Rido di me. Di come sono capace di creare. Le mie parole si sono librate e  compongono fiabe.
      Storie conosciute forse ma sempre amate. Che fate?
      Sono magiche fra le mie mani e mi regalano un nuovo valzer.  Il salone è molto grande e
      loro come me amano danzare.
        

                                                          V 

       Ho smesso di ascoltare la musica ed ho scacciato le parole. Il teatro della vita è deserto e si 
       è acceso un riflettore. Non sono i capelli lunghi di mia madre nel buio della platea, ma la
       luce di  una sala dove altri attori recitano per me.  Dottori, infermieri,  angeli di questa vita mi
       regalano un sonno profondo e custodiscono il mio respiro vitale.
       Quando mi sveglierò sarà un giorno nuovo mi dico addormentandomi. Vedrò danzare 
       le farfalle senza diventar  parole e le  nuvole parranno di ogni colore. E' estate.
       La  natura suonerà per me frasche e vento e  insieme a lei un violoncello.
       Lo ascolto e sorrido pensando  che mi attende ancora un lungo cammino.
      Non vedo il medico al risveglio. E' stanco e non strizza l'occhio come Dio ma mi ha restituito
       la  vita . egli suona per me e per altre una tastiera di carta.
      Do re mi do sol do.  Un pianoforte non ce l'ho. L'insegnante mi grida contro che non ho sei anni
     e  più non posso. Ho le dita da pianista ma non suonerò mai in un'orchestra. E' inutile che provo.
      Quindici anni sono troppi per cominciare  mentre il conta tempo è in funzione davanti ad uno spartito di  Bach senza comprendere questa  rabbia  non mia.  Un'altra attrice che confonde la  mia  esistenza.  Do re mi sol nella  mia tastiera di carta Bach lo sento vibrare tra le dita. E' vivo come me in questo letto senza più attori . In una camera dove ho sete ma non posso ancora bere.  Come allora provo lo stesso smarrimento.  Vorrei distrarmi  fantasticando  Bach  che mi dice:
 Ti veglio ancora, riposa . Se chiudi gli occhi ci sarà per te un concerto tra un ora
Non siamo nati tutti per calcare la scena. Per essere i protagonisti eccellenti di ogni sera. Possiamo vivere avventure mozzafiato anche apprezzando l'altrui operato. Questa è l'arte che si fa dono. Che ogni uomo accoglie e applaude. Non posso che aspettare  un'altra volta come allora l'ignoto che si palesa e mi fa incantare davanti all'aurora.  L'incognita è vita. E' morte. E' pazienza e se mal presa, logorio della sorte.


C'è un violino che suona per me questa sera. Lo so. L'uomo che suona non mi conosce ma sta vivendo nella pace della sera i miei stessi sentimenti.
Il mio cuore e il suo si appartengono in un gioco di anime che si cercano e si respingono nell'abisso oscuro dei  drammi mai risolti.
E' il sapore della giustizia che ci colpisce ogni volta quella stonatura che facciamo.
La vita ci tradisce ma ci cattura con un sorriso. Gli altri ci tolgono perché abbiamo troppo.
Il nostro viso serio brilla, e si accende lo sguardo al palpitar delle note sulle dita e sul petto. E' triste sentire quanto vibra il tradimento. Come il tormento rompe il silenzio e attraversa monti e valli.
E' estesa la musica. Quasi lenta. Dolce. Sincera. Mi affascina e mi maledice al contempo. La seguo perché nella sua triste sinfonia mi perseguita e mi avvolge. Sembra dolce quiete. Nostalgia che si perde in un rancore che si dissolve perché è sempre il suono l'incontrastato protagonista del nostro essere. E' amore anche questo silenzio che irrompe in dolci lacrime che, incuranti di tutto, si posano con la stessa delicatezza della musica sui nostri visi. Musicista anche oggi puoi dire di avere vinto.
Hai sciolto dal mio petto il mio cuore ancora fanciullo e me lo hai mostrato nudo, inerme, rosso e palpitante perché vivo.
Non ci conosceremo mai uomo che illumini la mia sera e mi ricordi chi sono. Eppure, ti saluto con il pensiero di avere compreso per un istante chi sei, oltre quel corpo che mostri. Fiero di  aver danzato anche tu con me guidandomi nell'infinito palco ignoto che non conosco appieno.
 
 
      

    
 


 
 
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Hai più di 65 anni? Vivi la tua vita alla grande!             
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ISBN 9788898712328 
Copyright © 2014 Vita Francesca Genna Laboratorio eBook Edizioni Prima edizione digitale Giugno 2014 Quest’opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore. È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.  
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Indice 
1.  Il corso di teatro         pag. 3
2.  Giorgio, Aldo e Rosa        pag. 9
3.  Ivana           pag. 15
4.  Le prove          pag. 19
5.  Amore virtuale d’altri tempi       pag. 23
6.  La torta          pag. 28
7.  Gita in montagna         pag. 30
8.  La lettera di Flavia        pag. 33
9.  I nuovi esercizi         pag. 36
10.  Strane emozioni         pag. 40
11.  Voglia di riscatto         pag. 42
12.  Tutti in scena!         pag. 45
- Nota dell’autrice         pag. 51
 
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1.  Il corso di teatro 
Il teatro era quasi deserto.
Rosa guardò le sedie vuote e subito dopo i suoi occhi si posarono sulle due uniche
persone sedute in prima fila.
L'uomo aveva circa cinquant’anni, forse sessanta, di statura piccola e con i capelli
grigi. La donna vicino a lui, lo stesso colore dei capelli e qualche ruga in più. 
Si avvicinò a loro lentamente non per timore ma per esplorare con lo sguardo più
elementi possibili.
I due, sentito lo scalpiccio dei suoi tacchi pesanti si voltarono di scatto. Rosa
indietreggiò per un momento.
<<Vieni avanti!>>, si sentì urlare.
Lei sorrise ed accelerò il passo. Poi, con il tono della voce pieno di energia si
presentò: <<Sono Rosa e mi sono appena iscritta a questo corso>>.
L’uomo le diede la mano: <<Complimenti! Saggia decisione. Siete in dieci. E se ci
impegniamo possiamo preparare uno spettacolo per fine anno. Tra poco arrivano gli
altri. Puoi iniziare a sederti. Quando ci siete tutti, partiamo con le presentazioni>>. 
La donna accanto a lui le fece un sorriso rassicurante e poi disse: <<Il teatro è
un’esperienza unica. Vedrai che ti divertirai e faremo grandi cose insieme>>.
<<Va bene>>, rispose Rosa sedendosi sulla prima sedia che aveva trovato vicino a
lei. 
Poi, prese dalla borsa il cellulare; faceva scorrere la rubrica telefonica con i numeri di
telefono dei figli e dei nipoti perché si sentiva a disagio.
Era arrivata troppo in anticipo e non sapeva più cosa guardare.

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Aveva già studiato il soffitto minuziosamente, le grandi tende pesanti appese alle
finestre, il palco e il pavimento color magnolia.
Il teatro era piccolo, ma vantava una grande storia, vi avevano recitato almeno una
volta nella vita, tutti i grandi attori del passato. 
Adesso c'era lei, si era iscritta ad un corso universitario per la terza età promosso dal
comune, perché a casa non aveva più niente da fare.
Non voleva lavorare all’uncinetto o cucire e gli occhi erano troppo stanchi per le
letture. Aveva fatto la visita oculistica e le avevano tolto la patente. A questo punto
non le restava che fare una scelta: aspettare a casa il giorno della sua morte o
cercare nuove alternative. A settant’anni è difficile stare in casa da soli tutto il
giorno, tutti i giorni.
Il tempo non scorre mai, è troppo lento, quasi infame. Castiga ed intristisce. 
Aveva provato a dormire un po’ di più, ma la notte rimaneva sveglia. I figli l’avevano
abbandonata per seguire i propri interessi e lei spesso non sapeva cosa fare.
In quei momenti usciva. Faceva il giro dell'isolato e poi tornava a casa.
Era vecchia per tutti ormai. La nonna, così la chiamavano, ma lei si sentiva ancora
un’energia dentro. Aveva uno spirito allegro e difendeva la sua solarità. 
No, Rosa non voleva invecchiare. Aveva ancora voglia di darsi al mondo, di provare a
se stessa che era ancora viva.
Dentro di sé, il cuore di fanciulla batteva ancora, a volte così forte che lo sentiva
uscire quasi dal petto.
Si era iscritta al corso di teatro di nascosto dai figli, quasi avesse paura di essere
giudicata. Non voleva rinunciare ad esserci anche se sapeva bene che per quanto
avesse lottato per la vita, ogni giorno era un regalo vivere.
Nel suo cuore sentiva che avrebbe vissuto ancora per molto. Secondo lei altri
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trent’anni, forse più di molti giovani. Si alimentava bene e aveva cura della sua
persona.
Sì, il Signore non l'avrebbe chiamata non prima di questo tempo e quindi per forza di
cose doveva ricostruirsi. 
Ogni tanto alzava la testa perché sentiva la gente entrare nel teatro. Li guardava e
sorrideva per salutare. Tutti facevano lo stesso rito che aveva fatto lei e poi si
accomodavano sulle sedie vicino alle sue. Si erano già fatti i gruppi e si iniziava a
sentire un leggero vociare.
Anche lei decise di farsi coinvolgere. Sentiva cinguettare le storie di Ivana, di Sara e
vi si ritrovava. Avevano tutti la stessa vita, la stessa energia, lo stesso destino che le
aveva condotte ad incontrarsi. 
Sorrise. Sapeva che sarebbero diventate amiche e che stava iniziando un’esperienza
unica ed irripetibile. Il professore batté le mani per attirare la loro attenzione. Li
trattava come studenti giovincelli e questo fece ridere tutti. Rosa li guardò e nel loro
sguardo capì che stava vedendo la stessa luce che avevano i suoi occhi.
<<Su, forza! Tutti sul palco!>>, disse l'insegnante invitandoli a sedersi al centro del
palco. <<Dietro le quinte ci sono delle sedie, prendete la vostra e accomodatevi>>.
In brevissimo tempo tutti erano in cerchio. 
<<Io sono il professor Rossi>> esordì l'insegnante. <<Mi alterno con la mia
assistente. Insieme abbiamo pensato di mandare in scena l’Odissea. Naturalmente
non seguiremo alla lettera tutta la storia ed ognuno di voi dovrà recitare una parte.
Abbiamo preparato i testi, voi dovrete scegliere quale fare. Per prepararvi verrete
divisi in due gruppi e studierete in coppia. Qualcuno ha da fare domande?>>
Silenzio. 
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<<Benissimo! Vedo che avete capito. Allora dopo le presentazioni andate a casa e
dalla prossima volta si va in scena!>>
Tutti applaudirono. Il professore era soddisfatto.
<<Un’altra cosa: questo corso è anche un momento di aggregazione e sono previste
delle uscite serali, delle cene per intenderci, per stare insieme e scambiare quattro
chiacchiere fra amici. Come vedete anche io ho la mia veneranda età e sono
contento di condividere con voi questa esperienza>>. 
Rosa lo guardò sbalordita. Gli sembrava più giovane di lei! Il professore aveva colto
lo stupore dei presenti e rise!
<<Va bene, lo confesso! Ho bevuto l'elisir di lunga giovinezza e così sono rimasto
affascinante!>>, risate generali.
La battuta del professore li aveva resi tutti vicini. Non c’erano più dieci persone che
si erano appena incontrate, ma dieci compagni che avevano aperto il loro cuore e si
erano rilassati. La battuta era stata benefica e adesso tutti erano pronti a
raccontarsi. 
Aldo fu il primo. Era un uomo alto e asciutto. Ormai calvo, si vergognava di mostrare
la sua calvizie e portava un cappellino che sembrava si fosse incollato al capo, tanto
che non lo voleva togliere.
Aveva un sorriso smagliante ed uno sguardo ancora birichino. In lui si intravedeva
benissimo l’eterno ragazzo furbetto.
Aveva fatto notare da subito il suo passatempo preferito, corteggiare le donne.
Non erano passati neanche venti minuti da quando era entrato in teatro che, con
Giorgio aveva tenuto banco. Aveva fatto i complimenti ora a questa, ora a quella
signora, facendole pavoneggiare. 
Le donne lusingate si erano accese e con atteggiamento superiore facevano
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scivolare la mano sui capelli come a volerli rimettere in piega e si parlavano tra di
loro dandosi un tono.
Aldo aveva rallegrato l'ambiente e creato la festa.
<<Sono Aldo>>, disse guardandosi intorno, mentre gli occhi gli balenavano. Sorrise a
tutti alzandosi dalla sedia. Il suo petto era in fuori ed aveva un atteggiamento fiero.
Molte conoscevano già il suo nome. Ivana lo guardava di sottecchi con occhio
interessato.
Aldo si distrasse un attimo e disse: <<Professore, posso mandare un bacio alle mie
donne?>>. Risate. Ivana arrossì… 
<<Vedo che è scoppiato l’amore fra noi!>>, disse il professore sorridendo e fissando
Ivana.
Poi continuò: <<Dunque, dicci caro Aldo… a parte il burlone, che cosa hai fatto da
grande?>>
L’uomo rispose prontamente: <<Sono pensionato da cinque anni. Ero un portiere
d’albergo. Sono qui perché il mio sogno era fare l'attore ma non ho mai avuto la
possibilità di studiare. Ora che sono pensionato, mi godo la vita!>>
Strizzò l'occhio e nuovamente tutti risero.
<<Puoi sederti! Parla il tuo compagno;. 
Giorgio non era spavaldo come Aldo. Si sentì impacciato perché non si aspettava di
essere chiamato. Si era distratto un attimo a commentare le prodezze del suo
compagno.
Sono un dirigente di una ditta di scarpe. Ho scelto di frequentare questo corso per
passare il tempo. Due giorni alla settimana sono volontario in ospedale, faccio il
pagliaccio. Regalo un sorriso a chi non sta bene.
Tutti applaudirono. Anche il professore si era commosso.
Allora ogni tanto ci fai ridere tutti. Sei d’accordo se vieni la prossima volta vestito 
di tutto punto?
Sì, ed ho intenzione di portarmi un naso in più. Voglio regalarlo all’amico Aldo.
Risate generali. 
Aldo lo guardò divertito e gli rispose che era d'accordo.
Guarda che ti prendo in parola. Aspetto il naso e con quello ci annusiamo le belle
bionde!
Ancora risate generali. 
Silenzio prego! Dobbiamo continuare le presentazioni;
Prof l’ora è finita. Sono le 18:00, disse Rosa. 
L'insegnante guardò il suo orologio e confermò il termine della lezione.
Ci vediamo la prossima volta. Vi sedete negli stessi posti e continuiamo le
presentazioni. Da giovedì abbiamo due ore. 
Ivana, Rosa e Giò si avvicinarono, e parlottando in modo confidenziale, insieme si
diressero verso l'uscita. Avevano molte cose da dirsi e dovevano percorrere lo stesso
tragitto per raggiungere i loro appartamenti. Aldo e Giorgio uscirono dal teatro con
l’insegnante. Entrati nelle rispettive auto, si allontanarono salutandosi con un cenno.


 
 
 
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Vita Francesca Genna 
Dono segreto: la libertà              
Pubblicato da:  
ISBN 9788898712243 
Copyright © 2014 Vita Francesca Genna Laboratorio eBook Edizioni Prima edizione digitale Settembre 2014 Quest’opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore. È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata. 
 
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Indice 
 
Scena I - La libertà          pag. 3
Scena II - La giustizia         pag. 14
Scena III - L’unione         pag. 34
Scena IV - Lavoro e dignità        pag. 42
Scena V - Il patrimonio         pag. 49
Scena VI - La scienza         pag. 53
Note dell’Autrice          pag. 62
 
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Scena I – La libertà 
 
Trama e attori della scena prima 
Nel tempo dei nostri giorni, anno solare 2013, nel Paese Italia, si celebra questa
commedia che parla di libertà intesa come acquisizione dei diritti primari dell'uomo.
La scena prima si svolge all'interno di una casa. In una stanza posta sotto
sorveglianza dai ricercatori per uno dei numerosi progetti di studio della mente
umana che ha lo scopo di ideare un prototipo capace di fare le nostre stesse azioni
umane e avere una sintesi emozionale complessa da trasferire all'interno di un
personal computer contenente un cervello ricreato simile al nostro. Altri studi ci
sono simili a questo. Il principale è lo studio Human Brain che ha vinto un concorso
europeo nel 2005 e oggi viene eseguito in molti ospedali italiani per contrastare
patologie degenerative del sistema nervoso.  
L'uomo e il ragazzo in studio sono collegati al satellite MK – Ultra. Gi scienziati sono
capitanati da Macram nome coniato da MAC – RAM. Essi, grazie ad un sintetizzatore
vocale riescono a leggere il pensiero umano.
In questa situazione disumana con perdita di diritti inviolabili, il padre agisce con
rabbia e inveisce contro i suoi aguzzini. Intanto collabora al progetto che gli viene
imposto, l'opera pia (detta così perché impegnativa) maledetta. 
Il contenuto dell'opera è liberamente immaginato con lo scopo di riportare ai lettori
una proiezione del tempo e dell’attualità del momento. Ogni riferimento a cose e
persone è puramente casuale. 
Protagonisti principali dell'opera sono l'Italia con tutti i suoi cittadini e la grave crisi 
che incombe. Nella prima scena, il tema trattato è la libertà come diritto di avere la
consapevolezza di poter disporre di sé senza essere strumento di un potere
superiore. Di essere uomo che si muove in un contesto civile. La rabbia del
protagonista alla fine si trasforma nel desiderio irrefrenabile di tentare la fuga. In
questo ambito l'uomo insegna al ragazzo cosa è la vita. 
Gli attori della prima scena sono:
- padre 
- ragazzo
- voce fuori campo, non è la stessa voce del tiranno ma uno dei persecutori.
- tiranno. Voce che interagisce.
 
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Si alza il sipario. 

In una stanza un uomo che chiamo padre, cammina nervosamente avanti e indietro
gridando la sua rabbia e un ragazzo lo guarda stando seduto vicino ad un tavolo. 
Padre
(inveendo verso l'alto)
Busso al tuo cuore sopito e sorrido con sguardi di lame lucenti!
Non conosco il tuo volto ma il tuo odio che 
cola fino in basso dove è ceco il tuo sapere.
(detto con rabbia. Lavora senza volontà di farlo)
Brilla l'opera pia maledetta!
Vuoto è il calice sbattuto a terra!  
Ragazzo
Perché urli?  
Padre
(detto con disperazione)
Dove è sordo il mio sentire? 
Voltati ed eremo vai, senza virtù e senza gloria! 
Ragazzo
Che tu dici padre, a chi ti rivolgi? 
Padre
Non parlo a te degli empi ma saggia beato l'arguzia mia 
perché tu possa un giorno ascoltare
canto di vergini e menestrelli.
Che il tuo orecchio non oda
mai ciò che a me è dato udire e 
guardare ciò che io rinnego e
copro con la mia nobile mano.
Coperti sono gli occhi miei ma altro non oso fare. 
Ogn'or maledico l'istante che conobbi le mie catene! 
Ragazzo
A che brami allor?
Perdona il mio voler sapere! 
Padre
(tono di poco basso e contrariato)
Scellerato taci!
Non siamo soli ma sprovveduti! 
Ragazzo
(a bassa voce tenendo la mano arcuata vicino alla bocca )
Avvicino l'orecchio e ti ascolto. 
Padre
(a bassa voce)
Libertà figliol, libertà! 
Ragazzo
(con voce più alta )
Un dono!
Padre
Già così io sogno e in grande viaggio.
Libero ero prima di cotal passaggio. 
Amavo giovin fanciulla e frutta matura gustavo beato. 
Ragazzo
Ora sono stenti o padre e sacrifici che pesano in cuor. 
Vorrei conoscer anche io il tuo bramar desìo. 
Padre
Solerte e fiducioso mi alzerò di nuovo. 
Un tempo vedevo negli occhi miei 
le stelle di un grande firmamento.
Il viso mio di rosse gote era vestito e 
di alamari e specchi addobbavo il mio nido. 
Gioiosi giorni conobbi e a te sorrisi o figlio! 
Ragazzo
(con dolcezza)
Di me racconta! Chi sono ora? 
Dov'è mia madre e la sua storia? 
Dov'è quel volto di madonna che mi guardò la prima volta? 
Padre
Figlio mio è qui il difetto!
Non oso risponder per non turbar il tuo giovin intelletto.  

Ragazzo
Parlami allora di libertà ogni ora 
affinchè io possa imparar cosa è un sogno ed una gioia. 
Padre
Commuover mi fai o figlio e oserei dir...
(Si arresta all'improvviso perché sente un rumore )
Chi è là!
Hai visto?
Rischiar mi fai di me la vita! 
Ragazzo
Perdona padre la mia vocale. 
Il tono alzai dimentico di tutto. 
Troppa è la foga di saper di questo dono che celi in cuor. 
Voce fuori campo
Basta voi due, o son sferzate! 
Ragazzo
Padre, un tremito io sento sulla pelle 
con goccia di sudor che dalla schiena discende. 
Padre
È paura figlio. Su calmati e taci. 
Domani è di nuovo l'alba. 
Chissà se potrò insegnarti cos'è
(in un orecchio a bassa voce) 
la fuga. 

Trama
Cala la notte e il ragazzo se ne andato. 
Padre
(con calma si rivolge al tiranno )
Stuzzica il mio ragionar beato il pensar con te. 
Voce che malandrina sei e soggiogar mi vuoi, ti temo!
Stressante è il mio riflessar di giorno e notte con pilotato sogno. 
Tiranno ti chiami e mi catturi per questo figlio di mio pensar natio. 
Schiavo un dì mi facesti e mia libertà uccidesti. 
Ad odiar mi insegni e con crudeltà mi fai pascer l'opera tua!
Perciò oggi taccio e poi moro!
Vile destino mi lega e mi ferisce orgoglio. 
Tiranno
Non ti lamentar omo che per sapienza cadi. 
Non sono io che ti maledico ma Macram il “divino”. 
Padre
Un figlio, un figlio... cos'è un figlio?
Forse non sai che mai crudeltà conobbi come l'inferta? 
Da donna fiorisce il seme. 
Germoglia e colore prende. 
Di acqua, di sole vive e per età poi cede. 
Sintetica voce lasciarmi andar non vuoi. 
Libero sono nato e non tuo schiavo!

Tiranno: 
Or taci quando ragazzo dal riposo fa ritorno. 
Parlagli del tuo saper di omo ma! ( piccola pausa )
non proferir parola alcuna di quanto detto 
e del segreto! 
Trama
È mattino quando torna il ragazzo 
Ragazzo
Eccomi padre ammira! Un regalo porto!
Puoi guardar dal polifemico occhio.
Grande lente ci mostra vita di mondo.
Magnifici tempi e grandi castelli ormai deserti.
Mari immensi e ogni via dove sentire possiamo 
reali storie vissute dall'umano.  
Trama
Il padre si accosta e avvicina il capo alla lente
con fare meravigliato.
Poi ammette curioso il suo pensato: 
Padre
Voglio vedere destino mio di fato.
Oh! Cosa vedo, oh che sospiro! 
Son montagne quelle ed un ruscello.  

Trama
Poi sempre il padre rivolgendosi al ragazzo: 
Padre
Una lacrima offro per darti emozione.
Guarda o figlio ti mostro:
lontano, là in fondo c'è cranio l'antico monte!
Tre legni immagino piantati e 
al centro depongo di rovi corona. 
Cammino al mio passo e vo' in groppa ad un destriero. 
Ragazzo
Oh! Padre! Sublime!
Un cavallo alla fine! 
Padre
Non fine ma inizio e corsa veloce
dove il masso si sposta 
e nel fondale strapiomba
con magica forza.
Un frate mio amico conduce il cammino. 
Un sacco egli porta e vagabondo loda. 
Minimo è il pensiero e semplice il suo frutto. 
Non figlio ma amor soave in dono mi offre e 
tende l'orecchio al serpeggiar di serpi snidate 
falsamente fiere.   

Ragazzo
Padre schiacciare tu puoi i rettili strisci? 
Padre
Non posso mio caro.
Si annidano e di cova son ora.
Aumentan ancora. 
Ragazzo: 
Che triste destino! 
Padre
Lo hai detto bambino.
Sessantacinque i denari 
ventiduemila i martirizzati. 
Voce oltre campo
Non proferir parola alcuna omo, ti redarguisco! 
Osserva il polifemico occhio ed insegna il sentimento. 
Colui che ti è accanto è il prediletto. 
Padre 
(verso il ragazzo)
Non ho altra sorte che stare al tuo cospetto 
ma penso e cerco un segno. 
Ragazzo
Mi spiace padre. Io non so nulla.



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Commento all'opera
 
L’opera teatrale sulla libertà, ti incita a scrollarti dal peso di governanti ingiusti e fa spazio per poter credere ancora nella propria nazione.
Anno 2013: il popolo italiano è stremato dalla crisi economica e sfiduciato dal mal governo per questo confida nei suoi ideali patriottici per farsi forza.
Vita Francesca Genna, nella sua opera teatrale sulla libertà, elaborata in un sogno, mediante la voce di personaggi che metaforicamente rappresentano i vari “gradini” della scala sociale, affronta gli argomenti più toccanti di questi tempi: la giustizia, il patrimonio sociale, il diritto di famiglia, i diritti delle coppie di fatto omosessuali, contempla la Costituzione e giudica chi governa; analizzando questi temi fondamentali, sprona il popolo italiano a reagire alla pressione morale dei governi, a riprendersi i valori che contraddistinguono un popolo affinché tutti si possano sentire parte di una Nazione.
Oltre alla sfera nazionalistica, viene affrontato il confronto sempre presente tra Chiesa e Scienza: due universi paralleli che consentono all’uomo di continuare a sperare e a credere in qualcosa, che sia la scoperta di un farmaco, o la consapevolezza che non si è mai soli nel cammino della propria vita.
Vita Francesca dice “Basta!” al popolo schiacciato dai potenti e rivendica il valore assoluto di tutti i tempi: la libertà!